La torta di riso è un vero pilastro della cucina tradizionale che non può mancare nelle occasioni speciali, quali Natale o Pasqua.
La ricetta che riporto è della nonna Irma, mamma della mia mamma. La nonna alla veneranda età di 95 anni non può più cucinare a casua della sua infermità fisica. Anche la testa ultimamente la abbandona ogni tanto, però non ha perso l'appetito e anche in occasione delle ultime feste si è fatta valere a tavola :o)
Fino a quando ha potuto cucinare, la nonna era incaricata dei piatti tradizionali, perché era molto precisa e le figlie non riuscivano a fare le cose come piacevano a lei. Mia mamma, ad esempio, quando ha iniziato a fare la torta di riso ha subito notevoli critiche: torta poco cotta, torta troppo asciutta, troppo cioccolato, riso troppo grosso/fine.
La torta di riso, come tutti i classici, non è così semplice come sembra.
Partiamo dal riso. Ognuno ha i suoi gusti: alcuni lo preferiscono intero, in modo che si avvertano i chicchi sotto i denti. Mia nonna invece preferiva una consistenza più uniforme, per cui il riso si doveva passare due volte al macinino da caffè (quello a manovella) regolato non troppo fine. Il riso infatti non si deve trasformare in farina, ma essere ridotto in piccoli pezzetti.
Altro punto critico è la cottura. La torta deve sobbollire leggermente e formare una crosta gonfia in superficie da mantenere bucherellata affinché non si separi dallo strato sottostante.
Il cacao, infine, serve solo a dare un minimo di colore alla torta, ma può essere omesso.
Io ovviamente per questa mia prima prova ho seguito la ricetta tradizionale di mia nonna e sono dotata di regolamentare macinino a manovella. Il risultato è stato molto soddisfacente tanto che ho portato la torta in occasione della Pasticciata a casa di Tiziana alla quale sono stata cortesemente invitata. La foto è rimasta un po' in archivio, ma meglio tardi che mai!
1l Latte
100gr Amaretti
100gr Mandorle
100gr Cedro Candito
100gr Zucchero Vanigliato
300gr Zucchero Semolato
100gr Riso
8 Uova
1 o 2 Cucchiai (rasi) di Cacao in Polvere
Liquore Mandorla Amara
Acqua e zucchero per il caramello
Passare due volte il riso al macinino a manovella (*). Metterlo in una pentola con il latte e portare a cottura.
Appena spento il fuoco aggiungere i due zuccheri e mescolare bene affinché si sciolgano. Lasciare raffreddare.
Caramellare una teglia rettangolare (20x30cm circa)
In una ciotola mettere gli amaretti e un po' di liquore Mandorla Amara, spezzare gli amaretti e farli macerare: gli amaretti devono spappolarsi.
Macinare il cedro e le mandorle con il tritacarne. Sbattere a mano le uova.
Pre-riscaldare il forno a 160-170°C
Aggiungere tutti questi ingredienti e il cacao al riso-latte e mescolare. Versare subito nella teglia e mettere in forno caldo per evitare che gli ingredienti solidi si depositino.
Cuocere fino a quando uno stecchino inserito nella torta uscirà pulito.
Attenzione: la torta deve bollire ma non troppo e si formerà una crosta superficiale che tenderà a gonfiarsi per cui sarà necessario bucherellarla spesso affinchè la crosta non risulti staccata dalla torta.
Appena tolta la torta dal forno bagnarla abbondantemente con mandorla amara.
Ho iniziato a vivere in simbiosi con il mio ventilatore :o) e contrariamente a mio marito, che con questo caldo sprizza energia da tutti i pori, io limito tutte le attività . Mi limito a bere in continuazione per compensare i liquidi che perdo.
Cerco di bere solo acqua, perché le bevande zuccherate non sono molto salutari, soprattutto quelle industriali. Però ho un debole per il tea alla pesca. Ogni tanto mi lascio ingannare dalle pubblicità , ma rimango sempre delusa perchè il sapore di pesca è così "finto" da risultare eccessivo e sgradevole.
Meglio qundi prepararselo in casa, serve davvero poco: solo un minimo di premeditazione per gestirne il raffreddamento.
La ricetta è talmente banale che quasi mi vergogno a scriverla però l'utilizzo del tea bianco si è rivelato molto gradevole e dissetante.
1 litro di Acqua
4 cucchiaini colmi di tea Pai Mu Tan in foglie
1 Pesca a pasta gialla
succo di limone e zucchero a piacere
Lavare la pesca, tagliarla a fettine sottili circa 3 o 4 millimetri, poi dividere ogni fetta in 3 o 4 parti.
Portare quasi ad ebollizione l'acqua, porre il tea in un filtro di carta, spegnere il fuoco e mettere il filtro nell'acqua. Attendere 8 minuti poi togliere il filtro e aggiungere limone e zucchero secondo il proprio gusto.
Versare le pesche nel tea bollente e lasciarlo raffreddare finchè non è a temperatura ambiente, poi mettere in frigorifero per alcune ore.
I peperoni ripieni vengono preparati nei modi più disparati. Io conosco quelli con pangrattato e acciughe da mangiare freddi (di mia suocera), quelli con la carne, quelli con il riso. Quanti altri ce ne saranno???
Sono un piatto carino da vedere se si abbinano vari colori, comodi perchè si possono preparare in anticipo, sostanziosi perchè belli cicciotti.
Però il ricordo dei peperoni ripieni frutto della cucina di mia mamma li ricordo con orrore :o) Non perchè mia madre non sia brava in cucina, tutto il contrario. Però i peperoni ripieni sono stati sempre bocciati. Una volta erano col riso, ma i peperoni erano grandi quindi il riso era tanto e l'uovo utilizzato per amalgamarlo ancora di più e si era depositato tutto sul fondo creando una frittata coperta di riso. Quelli invece con la carne, grazie all'utilizzo sempre di peperoni grandi, contenevano dei polpettoni e per finirne uno ci voleva una settimana.
Ho elaborato quindi la convinzione che "il segreto" per ottenere dei buoni peperoni al forno stia nella dimensione dei peperoni che devono essere piccoli, su per giù della dimensione di un bicchiere da acqua. Quindi pressoché impossibili da trovare vista la dimensione extra degli acquosissimi peperoni che si vedono in commercio.
Però a volte si è fortunati e si può incappare in una offerta alla Coop che riguarda dei piccoli peperoni multicolor. Immediato il pensiero di trovare un ripieno e infilarli in forno.
Vista la rusticità della ricetta le dosi sono un po' imprecise, se dovesse rimanere del ripieno lo si può trasformare in un timballino di riso.
6 o 7 Peperoni della grandezza di una mela
6 o 7 cucchiai di Riso originario
200g Macinato di Maiale
1 Uovo
1 Scalogno
Maggiorana
Grana grattugiato
Olio, Sale
In un padellino cuocere lo scalogno con poco olio senza soffriggerlo eccessivamente. Aggiungere la carne, sgranarla bene e farla rosolare. Lasciare cuocere, poi aggiungere un po' di maggiorana sbriciolata e regolare di sale.
Nel frattempo lessare il riso in acqua lievmente salata, scolarlo e porlo in una ciotola. Quando la carne è pronta aggiungerla al riso e lasciare intiepidire. Unire un uovo sbattuto e grana grattuguato a piacimento.
Tagliare la calotta ai peperoni e svuotarli dei semi e dei filamenti.
Recuperare la parte del peperone attaccato alle calotte, tagliarle in piccoli pezzi e unirli al riso e alla carne.
Disporre i peperoni in piedi all'interno di una teglia da forno lievemente unta. Salare l'interno dei peperoni poi riempirli fino all'orlo con il composto preparato. Coprire la teglia con alluminio e cuocere in forno a 170°C fino a quando la polpa del peperone inizia ad essere morbida, qundi scoprire la teglia per terminare la cottura e fare asciugare i peperoni.
Per la cottura serviranno almeno 40 minuti.
Quello del titolo è il nome con cui io e mio fratello abbiamo sempre chiamato questo piatto della nostra tradizione: la Zuppa Imperiale.
Ci ha sempre stupito la doppia cottura, prima nel forno e poi nel brodo, di questa ricca e sostanziosa minestra. A dire il vero nel brodo non ci finiva mai tutta quella che era stata cotta nel forno: da piccoli, io e mio fratello, sembravamo affamati avvoltoi attorno alla mamma che tagliava a cubetti la zuppa per ottenerne (o rubarne) qualche fettina da mangiare, così, a secco.
Era da tanto che non la mangiavo e così ho voluto provare a prepararla io per la prima volta. La ricetta è davvero semplice ed il risultato ha tutto il sapore e il profumo dei ricordi d'infanzia.
Può essere considerata un valido ricostituente e non un piatto dietetico, sebbene io abbia tentato di ridurre la quantità di burro per alleggerirla un po'.
Zuppa Imperiale
x 4 persone
100g Farina
In una ciotola sbattere a mano le uova intere e aggiungere il grana, la farina, il burro tiepido e la mortadella tagliata in piccolissimi cubetti. Amalgamate il tutto.
100g Grana grattugiato
40g Burro fuso
50g Mortadella
6 uova
Brodo di carne q.b.
Imburrare ed infarinare una teglia di 25x18 cm circa e versarvi il composto.
Cuocere in forno caldo a 170°C per 30 minuti circa, fino a quando la superficie sarà dorata. Lasciare raffreddare.
Tagliare la torta così ottenuta a strisce spesse 1/2 ed ogni striscia in cubetti larghi sempre 1/2 cm.
Portare ad ebollizione il brodo e versarvi con attenzione i dadini di zuppa. Laciare riprendere il bollore e spegnere il fuoco.
Coprire la pentola con un coperchio e lasciare riposare 5 minuti prima di servire.
Questo dolce è scritto nel quaderno verde delle ricette con la calligrafia incerta dei miei primi anni alle elementari. Deve essere stata la prima ricetta che ho trascritto sul quaderno della mia mamma.
Il dolce salamino è stato un vero cavallo di battaglia della mia mamma ed era presente a tutte le feste e ritrovi di noi bambini. Ogni volta era una meraviglia tagliarlo e vedere le sue fette dal disegno così simile all'omonimo salato. Non so quanti anni erano che non lo preparavo e che non lo mangiavo: questo sì che appartiene ai cibi della memoria.
100g Cacao amaro
300g Biscotti Oswego
200g Burro
50g Zucchero Vanigliato
2 Uova
Liquore Mandorla Amara (opzionale)
Zucchero a Velo q.b.
In una ciotola capiente spezzettare grossolanamente i biscotti: non esagerare altrimenti rimescolando verranno pezzi troppo piccoli.
Aggiungere il cacao, lo zucchero vanigliato, 2 cucchiai di liquore se piace e il burro morbido a pezzetti. Amalgamare con un robusto cucchiaio di legno.
Preparare due pezzi di carta stagnola lunghi 40cm., versare su ognuno un po' di zucchero a velo. Dividere l'impasto in due parti e metterle sulo zucchero a velo. Aiutandosi con altro zucchero a velo dare la forma di salami alle due parti di impasto e rotolarle nello zucchero a velo per simulare la caratteristica muffetta.
Togliere l'eccedenza di zucchero e avvolgere i salamini nella carta stagnola. Riporre in freezer per 1 giorno.
Prima di consumarli lasciarli scongelare fino a quando è possibile affettarli. Se si devono tagliare molto prima di consumarli conservarli in frigorifero.
Che sia già il momento di dire "Arrivederci!" all'estate?
Qui è decisamente più fresco e la cosa non mi dispiace per niente. Soffro molto il caldo, che mi trasforma in una sottospecie di bradipo pigro e privo di iniziativa.
Lo dimostra il fatto che, dal ritorno dalle vacanze, non ho mai cucinato. Sono sopravvissuta a base di frutta, insalata mista e tonno in scatola :o)
Poi mi sono ricordata di questi pomodori, che adoro!
In casa utilizzo così poco il pomodoro fresco che mi scordo dei modi in cui si può preparare: mio marito non ne sopporta neppure l'odore, anzi, quasi quasi sta male al solo vederlo.
Per una sera però oltre a sopportare me ha sopportato la vista dei pomodori ripieni con tonno e maionese. A dire il vero l'ho corrotto preparando un po' di ripieno in più che lui ha spalmato sui crostini.
4 Pomodori Oblunghi
4-6 cucchiai di Maionese
160g Tonno sott'Olio
1 cucchiaio di Capperi tritati
Sale
Tagliare i pomodori a metà nel senso della lunghezza e svuotalrli dai semi. Cospargere l'interno dei pomodori con poco sale e metterli a scolare in uno scolapasta per 15 minuti con la parte tagliata verso il basso.
Nel frattempo sbriciolare in una ciotola il tonno, aggiungere i capperi tritati e la maionese. Amalgamare bene e conservare in frigorifero.
Quando i pomodori hanno perso la loro acqua asciugarli sommariamente con carta da cucina e riempire ogni metà con l'impasto di maionese e tonno. Mettere in frigorifero fino al momento di consumarli.
Per la maionese ho provato la ricetta dal blog Delicious Days di Nicky, perché si prepara rapidamente con il frullatore ad immersione ed è ottima!
250 ml Olio di Semi di Arachide o Girasole
1 Uovo
1 cucchiaino di Senape
1 cucchiaio di Succo di Limone
Sale
IMPORTANTISSIMO: tutti gli ingredienti devono essere a temperatura ambiente
Nel bicchiere in dotazione con il frullatore ad immersione versare prima l'uovo, poi senape e aceto, il sale e terminare con l'olio.
Inserire nel bicchiere il frullatore ad immersione appoggiandolo al fondo, coprendo l'uovo con l'alloggiamento delle lame.
Frullare partendo da una velocità media e umentandola fino a quando sul fondo si inizierà ad emulsionare e si formeranno dei "nastri" di maionese già formata. A questo punto alzare gradualmente il frullatore per incorporare tutto l'olio.
La maionese è pronta :o)
L'idea di cuocere l'acqua mi parve un po' strana, ma quando mi dissero:
"Oggi a pranzo ci sarà l'Acquacotta"
a cosa potevo pensare?
Non avevo mai sentito parlare di una pietanza dal nome così buffo e nella mia testa si formò immediatamente l'immagine di un piatto fumante di acqua bollente. Non molto appetitoso, a dire il vero.
Questo dimostra, la mia ignoranza sconfinata, in materia di cucina regionale. Certo che, in Italia con le tradizioni che si modificano ogni 10km, non è proprio facile memorizzare tutti i piatti tipici esistenti.
L'Acquacotta è un piatto povero della cucina Maremmana e si basa su ingredienti semplici quali pane secco, cipolle, verdure e uova. Il pane secco "rianimato" da un brodo di verdure e accompagnato da un uovo rappresentava infatti un ottimo pasto in una economia domestica a volte molto precaria.
La versione più classica prevede di disporre il pane nei piatti ricoprirlo con il brodo bollente e di sgusciarvi sopra un uovo che si cuoce con il calore, oppure cuocere le uova in camicia direttamente nel brodo.
Questa invece è una versione un po' arricchita e la riporto così come mi è stata insegnata.
400gr Pane Toscano
3 Cipolle Dorate
1 cuore di Sedano, foglie bianche comprese
1/2 Carota
1 bicchiedre di Olio E.V. di Oliva
1 Pomodoro piccolo
5 foglie di Salvia
1 rametto di Rosmarino
1 l acqua
3 foglie di Basilico
4 uova
80g Grana
Maggiorana e Nepitella
Cipollina Fresca
Qualche giorno prima della preparazione acquistare il pane e tagliarlo a fette sottilissime e farlo seccare. Disporlo quindi in una pirofila realizzando 2 (massimo 3) strati.
In una pentola dal fondo pesante mettere le cipolle affettate molto fini, il sedano a striscioline e la carota a pezzetti (non sminuzzata). Aggiungere l'olio e accendere il fuoco. Cuocere coperto a fiamma bassissima fino a quando le cipolle saranno spappolate, saranno necessarie 2 o 3 ore.
Aggiungere quindi il pomodoro spellato, senza semi e tagliato a piccoli dadini; la salvia a striscioline sottilissime; gli aghi del rosmarino tritati molto piccoli.
Fare cuocere 15 minuti e aggiungere 1 l acqua. Regolare di sale e pepe. Fare quindi bollire 10 minuti. negli ultimi 5 minuti aggiungere il basilico intero e i rametti di maggiorana e nepitella.
In una ciotola sbattere le uova con il formaggio grattugiato e buttarle nel brodo in ebollizione. Mescolare rapidamente per 1 minuto a fiamma accesa affinché non si formino fili. Spegnere il fuoco e continuare a mescolare per un po'.
Con un mestolo forato raccogliere la parte solida del brodo e disporla in modo uniforme sul pane. Versare quindi il brodo senza eccedere: si deve versare solo quello che basta per inzuppare il pane senza che via sia liquido nel fondo della pirofila. Coprire con carta stgnola e far riposare 10 minuti.
Trascorso questo tempo aggiungere brodo se il pane appare troppo asciutto quindi servire a porzioni nei piatti.
Portare in tavola una parte del brodo avanzato per coloro che amano una preparazione più liquida e la cipolla fresca da tritare, a piacimento, direttamente su ogni porzione.
- Il pane deve essere compatto, preferibilmente cotto a legna e realizzato mediante lievitazione naturale.
- A primavera si possono aggiungere asparagi selvatici nel momento in cui si aggiunge il pomodoro.
Vizualizza versione stampabile...

Fino a pochi anni fa avevo solo sentito nominare questo piatto, ma a colmare la mia lacuna è intervenuta mia suocera che è bravissima in cucina ed è anche brava ad insegnare! Per fortuna le suocere non sono sempre così tremende come si sente dire :o)
Gli 'gnudi sono la versione senza sfoglia del tortello maremmano: il ripieno a base di ricotta si sposa con la bietola e si trasforma in morbidi e profumati gnocchi.
Pochi ingredienti per una esplosione di sapori: un piatto che dimostra che con la semplicità si possono ottenere buonissimi risultati... io ne mangerei fino a scoppiare!
Gli 'gnudi
500g Ricotta di Pecora
Tritare la bietola, al coltello, molto finemente.
150g Bietola, parte verde, lessata e strizzata
2 Uova Intere + 1 Bianco
Sale, Pepe, Maggiorana
Farina
Per il condimento: Burro e Salvia
In una ciotola mettere la ricotta e la bietola ed amalgamare senza lavorare troppo il composto (la ricotta non deve diventare cremosa).
Aggiungere le uova una alla volta e poi il bianco. Unire quindi 2 o 3 pizzichi di sale, una piccola spolverata di pepe e abbondante maggiorana.
Sulla spianatoia disporre un po' di farina e, con l'aiuto di due cucchiai iniaizre a formare le palline di impasto di circa 4-5 cm di diametro. Passare ogni pallina nella farina ricoprendola uniformemente e disporle sulla spianatoia infarinata.
Nel frattempo portare ad ebollizione una pentola di acqua salata e preparare il condimento facendo sciogliere il burro con la salvia in un largo tegame; lasciare poi insaporire.
Dopo aver formato tutte le palline passarle nuovamente nella farina partendo dalla prima che era stata fatta.
Man mano che gli gnudi sono pronti cuocerli (3 o 4 alla volta) in acqua: apsettare che vengano a galla e lasciarli cuocere 2 o 3 minuti, scolarli con una schiumarola e metterli nel tegame con il condimento.
Quando tutti gli gnudi sono cotti lasciarli circa 5 minuti nel tegame a fuoco basso girandoli delicatamente affinché si insaporiscano su tutti i lati.
Note Tecniche: Utilizzare ricotta molto asciutta e strizzare molto la bietola.
Prima di preparare tutte le palline farne una, infarinarla due volte e cuocerla come "campione". Se in acqua il composto si dovesse sciogliere aggiungere all'impasto un altro bianco d'uovo.
Il tegame in cui insaporire gli gnudi deve essere largo per poterli contenere in un unico strato.
Dosi per 3/4 persone.

In questi giorni ho letto nel blog di Bonilli delle riflessioni sui ristoranti che fanno cucina tradizionale e in quello di Mucca "recensioni" di ristoranti a cui varie persone sono affezionate per il tipo di cucina.
Per me, la tradizione e il cuore, sono innanzitutto dentro le mura domestiche.
Un piatto a cui sono molto affezionata è la frittata con le patate.
Quando ero piccola, ogni 15 giorni, era un appuntamento fisso e graditissimo. La mamma cuoceva le patate e ne prevedeva sempre un po' di più rispetto a quelle necessarie, perchè io e mio fratello aspettavamo ansiosi di mangiarne un po' prima che venisse aggiunto l'uovo. Poi venivano aggiunte le uova sbattute e il tutto era cotto a fuoco moderato. La mamma poi è sempre stata "incapace" di girare la frittata usando un coperchio per cui faceva un taglio a croce e girava la frittata uno spicchio alla volta: così la frittata risulta già porzionata!
Io ho imparato da lei e cerco di farla allo stesso modo.
Frittata con Patate
per 4 persone:
8-10 Patate medio-grandi
Sbucciare e tagliare le patate a cubetti non troppo piccoli. Fare un trito finissimo di aglio e rosmarino.
6 Uova
Sale
Pepe
1 Rametto di Rosmarino
2 Spicchi di Aglio
Grana Grattugiato
Olio e.v. di Oliva
Scaldare una padella con un po' di olio, aggiungere le patate, il trito aromatico e un po' di sale. Lasciare cuocere le patate a fuoco vivace fino a quando avranno formato una crosticina dorata.
Nel frattempo sbattere le uova con un po' di sale e pepe. Aggiungere un po' di formaggio secondo il proprio gusto (consiglio di non esagerare).
Unire le uova sbattute alle patate, abbassare eventualmente la fiamma per continuare la cottura a fuoco moderato.
Quando le uova si sono quasi completamente rapprese dividere la frittata in 4 spicchi e girarne uno alla volta.
Terminare la cottura e servire.

Ovvero gli zuccherini: preziosi dolcetti nati per accompagnare i matrimoni.
Secondo la tradizione, al termine del matrimonio, gli sposi salutavano amici e parenti consegnando un sacchetto di zuccherini che simboleggiano le fedi scambiate durante il rito.
La preparazione degli zuccherini era un momento di grande festa. Le donne si ritrovavano tutte assieme e, tra una chiacchera e l'altra, lavoravano la pasta e confezionavano, uno ad uno, gli zuccherini.
Una volta cotti gli zuccherini dovevano riposare qualche giorno e poi dovevano essere messi nei sacchetti in numero dispari per non attirare la sfortuna sugli sposi. Sempre per motivi scaramentici la sposa non doveva assolutamente toccare, e quindi nemmeno mangiare, gli zuccherini. Anche la quantià di zuccherini da mangiare fa parte della tradizione: devono essere assolutamente in numero dispari!
Per fortuna questa tradizione non si è persa anche se sempre più frequentemente gli zuccherini si ordinano ai panifici. Nulla vieta però di farseli in casa e di gustarli per pura golosità . Questa ricetta appartiene ad un personaggio quasi mitico della pianura a nord-est di Bologna: l'Albertina. Questa signora veniva chiamata ad organizzare i pranzi di matrimonio, che allora si facevano in casa, ed era anche la persona che impastava gli zuccherini con una ricetta segretissima tanto che, al momento di pesare gli ingredienti e di mescolarli, l'Albertina pretendeva di essere lasciata sola.
I segreti ora sono stati svelati in un libro dal titolo "I dulz d'la sgnaura Albertina" (I dolci della signora Albertina).
Zuccherini
1 kg di Farina 00
550 g di Zucchero
220g di Burro freddo
100g di Zucchero vanigliato
50g di Mandorle lievemente tostate
5 Uova intere e 1 tuorlo
1 bustina di lievito per dolci
scorza di limone grattugiata
Per aromatizzare dopo la cottura: un bicchierino di anice, zucchero a velo vanigliato
La cottura è molto delicata poiché gli zuccherini non devono colorirsi per cui è necessario che la dimensione di ogni biscottino sia uniforme.
Con questa dose si ottengono 2kg di zuccherini.
Ridurre in polvere le mandorle con un cucchiaio di zucchero utilizzando il robot da cucina.
Impastare velocemente la farina con il burro a pezzetti fino ad ottenere un composto sabbioso. Unire la farina di mandorle, lo zuccchero rimanente, il lievito e le uova. Impastare fino ad ottenere un impasto omogeneo e lasciare riposare brevemente in frigorifero.
Prendere delle piccole porzioni di pasta, formare dei rotolini di diametro leggermente inferiore a quello di una sigaretta e arrotolarli ad anello intorno alla punta di un dito.
Disporre gli zuccherini su di una teglia ricoperta di cartaforno e cuocere a 160°C per circa 10 minuti.
Dopo la cottura spruzzare gli zuccherini con l'anice e spolverizzarli con lo zucchero. Lasciarli riposare qualche giorno in una scatola di cartone rivestita di carta oleata. Per confezionare gli zuccherini servono poi dei sacchettini di cellophane (trasparenti o appositamente stampati per le Nozze) che devono essere chiusi con nastro sottile da pacchi bianco. Il sacchetto può essere poi decorato a piacere.

Il panone e suo cugino il certosino, sono i dolci tradizionali del bolognese in occasione del Natale.
Il certosino è il dolce per eccellenza dei cittadini: è più compatto, parente alla lontana di un panpepato ferrarese.
Il panone invece è il dolce della campagna: più soffice, una specie di torta iper-ricca.
La tradizione voleva che le massaie preparassero l'impasto a casa e poi andasserlo a cuocere dal fornaio. Ora non si può più, ma quando si poteva bisognava mettersi in lista con anticipo perchè da metà dicembre in poi l'affluenza e le quantità di panoni da cuocere era enorme!
Ora, grazie a forni elettrici che danno una cottura più uniforme, si può cuocere in casa, ma è meno poetico. Volete mettere svegliarsi la mattina prestissimo, con il gelo ovunque, e andare al forno stracarichi di lattine di impasto profumato?
Dose per Panoni
1 kg farina
3 hg mandorle
1 hg di pinoli
1 hg zucchero vanigliato
1 hg cioccolata in polvere
3 hg mostarda
3 hg cioccolata fondente
3 hg uva sultanina
2 hg miele + il necessario per spennellare
4 hg canditi misti (ciliegie rosse e verdi, arancia, pere, albicocche…)
2 hg amaretti
2 hg cedro
3 hg zucchero
2 uova
3 tazzine di caffè
burro q.b. (2 hg circa)
fichi secchi (a volontà )
liquore Mandorla Amara
1 bustina di Lievito per Panoni
Premesse:
Tritare finemente il cedro che serve per l’impasto. Lasciare intere le ciliegie. Tritare anche una piccola parte dei canditi misti.
- i canditi (cedro e canditi misti)i pinoli e le mandorle devono essere utilizzati sia per l’impasto sia per la decorazione della superficie dei panoni.
- la mostarda bolognese non è altro che una marmellata dolce, molto solida, di frutta mista.
- l’impasto tende ad essere molto sodo, ci si deve regolare con i liquidi aggiungendo liquore o latte.
- Il Lievito per panoni è il normale lievito chimico ma ogni bustina ne contiene di più rispetto a quelle per dolci: 25g
Tritare a grossi pezzi la cioccolata fondente. Ammollare l’uvetta in un po’ di liquore Mandorla Amara.
Sbriciolare gli amaretti, bagnarli con della Mandorla Amara e attendere che si siano completamente imbevuti.
Iniziare a mescolare gli ingredienti, l’ordine non è importantissimo: uova e zucchero, poi iniziare ad aggiungere farina, lo zucchero vanigliato, il burro fuso, il miele, il caffé, la cioccolata in polvere, le mandorle e i pinoli interi, gli amaretti, la mostarda. L’impasto deve essere un po’ più sodo di quello di una ciambella. Per ultimo aggiungere il lievito.
Imburrare e infarinare delle teglie in alluminio usa e getta (tonde 24-26 cm e rettangolari). Disporre l’impasto nelle teglie riempiendole per la metà dell’altezza poiché i panoni lievitano molto. Decorare poi la superficie con i canditi tagliati a fettine, i pinoli, le mandorle.
Cuocere in forno per almeno un’ora a circa 180-190°C.
Estrarre dal forno e bagnare subito ed abbondantemente con la Mandorla Amara.
Quando sono un po' intiepiditi spennellare la superficie con miele riscaldato per renderlo liquido.
Si conservano per lungo tempo all’interno dei sacchetti in plastica per alimenti.